Il 10 novembre 1975 resta inciso nella memoria degli esuli istriani e delle relative famiglie come un giorno di lutto nazionale, un evento che segna la dolorosa rinuncia dell’Italia a un pezzo del suo territorio storico e culturale, la Zona B dell’Istria. La firma del Trattato di Osimo (la cui spiegazione puoi trovare a questo link), che sancì la cessione definitiva alla Jugoslavia di Tito dell’ultimo lembo di territorio istriano, lasciò un’impronta indelebile non solo sul confine orientale ma anche nell’animo di coloro che avevano già vissuto l’esodo e il distacco dalla propria terra.
Il Trattato di Osimo: una ferita aperta
Con il Trattato di Osimo, l’Italia rinunciò formalmente alla Zona B dell’Istria, senza ottenere in cambio alcuna compensazione tangibile. Questo accordo, firmato con un’apparente arrendevolezza diplomatica, fu vissuto dalla comunità istriana come un tradimento. Gli esuli, già segnati dall’abbandono delle loro case e dall’esilio, videro confermare in modo irrevocabile la cessione della loro terra alla Jugoslavia.
Nonostante le proteste degli esuli, principalmente dell’Unione degli Istriani, l’Italia proseguì sulla strada tracciata dal governo di Aldo Moro, ignorando il grido di dolore di un’intera comunità. L’Unione degli Istriani si batté strenuamente per due anni, ma le manifestazioni, seppur partecipate e cariche di indignazione, non poterono fermare ciò che era già stato deciso nei palazzi della politica. La repressione delle proteste, considerate da alcuni eversive, rappresentò per molti esuli un’ulteriore umiliazione, segno di una patria che sembrava aver voltato loro le spalle.
La responsabilità politica e morale
Se la responsabilità politica della cessione ricade sul governo e su una classe politica che, nel nome del “quieto vivere”, scelse di sacrificare una parte del proprio territorio, il Governo guidato da Aldo Moro e la DC decisero per la cessione territoriale facendosi beffa delle rimostrante degli esuli e dell’Unione degli Istriani. Si, non tutte le associazioni del mondo degli esuli furono attive quanto l’Unione degli Istriani, le cui proteste costarono la chiusura d’ufficio per due anni a seguito del decreto prefettizio che l’aveva considerata alla stregua di una organizzazione eversiva. Due associazioni del nostro mondo, infatti, – l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) e l’Associazione delle Comunità Istriane – totalmente politicizzate ed entrambe teleguidate allora dal Governo e succubi della Democrazia Cristiana, attraverso i loro rappresentanti eletti in Parlamento e negli enti locali, per disciplina di partito votarono a favore, quando non si astennero, della cessione a Tito dell’ultimo lembo di terra istriana. Questi due enti, fortemente politicizzati e influenzati dalle direttive del governo, non riuscirono a rappresentare pienamente le aspirazioni e il dolore della comunità che avrebbero dovuto difendere.
L’unico a spezzare la disciplina di partito e a opporsi alla cessione fu il deputato democristiano Giacomo Bologna, che pagò con l’espulsione dal proprio partito la scelta di votare contro la cessione della sua amata Isola d’Istria. Questo gesto rappresenta per molti esuli una testimonianza di resistenza e dignità, un simbolo di lotta contro un esito che appariva già scritto.
La memoria di un lutto che chiede giustizia
Oggi, a distanza di 49 anni, il ricordo della firma del Trattato di Osimo è ancora vivo nelle commemorazioni e negli animi degli esuli e dei discendenti, che non smettono di chiedere che la verità storica sia riconosciuta e rispettata. La ferita lasciata dal Trattato di Osimo resta aperta, perché racconta non solo la perdita di un territorio ma anche il senso di abbandono e tradimento che la comunità istriana avverte ancora oggi.
Per le nuove generazioni, conoscere e comprendere questa pagina di storia è fondamentale, perché la memoria non è solo il passato, ma una parte integrante del presente e del futuro di una comunità. Il Trattato di Osimo non è solo una data sul calendario, ma il simbolo di una sofferenza collettiva che ha segnato la storia d’Italia e quella di ogni famiglia istriana. E per rispetto di chi la storia l’ha vissuta e/o subito che queste verità, seppur raccapriccianti, vanno raccontate. Tutte!