10 NOVEMBRE 1975: LA FIRMA DEL TRATTATO DI OSIMO

Ennesima Vergogna ai danni del popolo Istriano

Ricorre oggi il 47° anniversario del Trattato di Osimo tra l’Italia e la Jugoslavia. Ci sono eventi destinati a scrivere la storia e la firma del Trattato di Osimo è uno di questi, per svariati motivi e non solo per noi Istriani, infatti è un caso più unico che raro che uno stato sovrano accetti di rinunciare alla sovranità su una porzione del proprio territorio (non piccola) senza ricevere in cambio alcuna contropartita.

I fatti

Ma andiamo con ordine. La firma del Trattato di Osimo avvenne il 10 Novembre 1975, nella Villa Leopardi Dittajuti, tra il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana, Mariano Rumor ed il suo omologo jugoslavo Milos Minić. Il tutto avvenne in un clima frettolosa segretezza, da segnalare anche che alla vigilia della firma si dimise l’Ambasciatore Camillo Giurati, responsabile ministeriale per la regolamentazione delle frontiere e delle acque territoriali, in segno di protesta per essergli stata tenuta nascosta tutta la vicenda (anche questo episodio più unico che raro).

Cosa prevedeva il Trattato di Osimo?

Con la firma e la ratifica parlamentare, avvenuta un anno e mezzo dopo, l’Italia trasferì alla Jugoslavia la sovranità statuale sulla cosiddetta “Zona B” del Territorio Libero di Trieste (realtà giuridica prevista nel trattato di pace ma mai realmente costituita con gli adeguati atti formali e le conseguenti statuizioni normative). Il confine di stato fu spostato alla precedente linea di demarcazione della “Zona A”, ma c’è di più, fu fatta un’ulteriore modifica trasferendo alla “Zona B” anche Albaro Vescovà, Crevatini ed alcune frazioni minori, costringendo qualche migliaio di residenti ad aggiungere ai 350.000 che lasciarono l’Istria, Fiume e la Dalmazia nel decennio post-bellico. In sostanza dopo aver perso nel 1947 la quasi totalità dell’Istria, Fiume, Zara e tanti altri comuni importanti, si decise di cedere anche l’Istria Nord-Occidentale ad eccezione di Muggia.

Quali le responsabilità?

La responsabilità politica non la si può che assegnare al Governo, che a prescindere dalle reali competenze affidò la “pratica” a dei plenipotenziari guidati da un alto dirigente del Ministero dell’Industria, tale Eugenio Carbone, ma anche di Camera e Senato che votarono l’adezione preliminare e poi ratificarono il Trattato di Osimo, un anno e mezzo dopo la firma.
Ma vi è di più, una responsabilità morale la si può più o meno direttamente affidare anche ai Deputati e Senatori, consiglieri regionali che decisero di astenersi e non votare contro l’approvazione del trattato, ricordiamo il Senatore Paolo Barbi (che poi andò all’Europarlamento) ed il Deputato Giacomo Bologna, i consiglieri comunali Pietro Ponis e Bruna Piemonte Sauli, oltre che al Consigliere Regionale Mario Del Conte (tutti questi rappresentavano una delle associazioni degli esuli, l’ANVGD). Politicamente l’astensione avrà premiato essendo vista come giuramento di fedeltà a qualche corrente D, ma moralmente può essere vista come un tradimento alla propria terra.
Anche se eravamo nel 1975 e l’Italia non doveva più sottostare al “diktat”, economicamente e politicamente era ancora subordinata agli interessi delle Potenze Occidentali e per gli Stati Uniti la Jugoslavia continuava ad essere un “opinabile bastione anti-sovietico”. Tutto questo non teneva conto che la Repubblica Federale Jugoslava era tenuta in piedi solo dal carisma personale di Tito, ma che l’età avanzava e che se si fosse stati lungimiranti si sarebbe potuto riaprire la questione adriatica a tutto vantaggio per l’Italia.

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