Quando la biodiversità diventa legge negli USA: 50 anni di Endangered Species Act

Giuseppe Sartore

Giugno 19, 2025

Quando la biodiversità diventa legge negli USA: 50 anni di Endangered Species Act
Mezzo secolo fa, nel pieno della crisi post-Watergate e con un’America profondamente divisa, una legge ambientalista riusciva a ottenere un consenso raro: l’Endangered Species Act, firmato da Richard Nixon il 28 dicembre 1973, segnava l’inizio di una rivoluzione normativa nel rapporto tra società e natura.

Oggi, cinquant’anni dopo, questa legge resta un simbolo quasi anomalo nel panorama legislativo americano: bipartisan, lungimirante e ancora attuale. Ma è anche al centro di nuove tensioni geopolitiche e culturali che mettono in discussione il suo futuro e il concetto stesso di conservazione ambientale.

Una legge, molte battaglie

L’Endangered Species Act (ESA) nasce con un obiettivo chiaro: impedire l’estinzione di specie animali e vegetali minacciate, proteggendo i loro habitat naturali. A oggi ha contribuito alla salvezza di icone come il bald eagle, il simbolo stesso degli Stati Uniti, e oltre 60 altre specie che sono riuscite a “uscire dalla lista”.

Ma l’ESA è molto più di un elenco di animali protetti. È uno strumento politico potente, che impatta direttamente su economia, sviluppo infrastrutturale, agricoltura e industria estrattiva. Per alcuni è un baluardo della civiltà ecologista, per altri una minaccia alla “libertà d’impresa”.

Un laboratorio geopolitico e culturale

Negli anni, l’ESA si è trasformato in un vero e proprio campo di battaglia ideologico: conservatori e ambientalisti, lobbies agricole e comunità indigene, governi federali e autorità locali si confrontano su come – e se – applicarla.

In alcuni casi, come per il Greater Sage Grouse nei territori del Midwest, la protezione della specie ha bloccato progetti petroliferi multimilionari. In altri, come nella California rurale, l’ESA ha costretto alla revisione di piani urbanistici interi. Il messaggio implicito è chiaro: la natura, quando protetta dalla legge, può sfidare anche il capitale.

La sfida della nuova geopolitica ambientale

In un’epoca in cui l’emergenza climatica domina l’agenda globale, la funzione dell’ESA va oltre i confini americani. Proteggere una specie endemica, oggi, significa spesso salvaguardare un ecosistema interconnesso che ha riflessi anche su commercio internazionale, migrazioni animali e strategie alimentari.

La legge stessa è diventata uno strumento di soft power ambientale: gli Stati Uniti la presentano nei consessi internazionali come esempio di tutela efficace della biodiversità. Ma dietro le quinte, l’amministrazione Biden si trova a dover bilanciare promesse green e pressioni economiche, con un Congresso diviso e una Corte Suprema sempre più sensibile ai temi della deregulation.

Photo Ark e il potere dell’immagine

Tra i progetti più iconici legati all’ESA c’è il Photo Ark di Joel Sartore, fotografo e Explorer di National Geographic, che ha immortalato più di 15.000 specie a rischio per costruire un “arca visiva” della biodiversità mondiale. Le sue immagini, potenti e intime, hanno ispirato anche azioni concrete di conservazione e finanziamenti pubblici.

“Quando salviamo una specie,” dice Sartore, “salviamo anche un pezzo della nostra umanità”. Una visione che, al di là del romanticismo, mette in luce il potenziale comunicativo e culturale della tutela ambientale come atto di civiltà e memoria.

E ora?

Il cinquantenario dell’ESA è molto più di una celebrazione: è un bivio. Da un lato, la crescente sensibilità ambientale di una nuova generazione di attivisti e scienziati; dall’altro, il rischio concreto che pressioni politiche e interessi economici indeboliscano il suo impianto giuridico.

In un mondo in cui le crisi climatiche non sono più previsione ma realtà, la vera domanda è: vogliamo una legge che protegga gli animali o una società che protegga il futuro?