Simboli del Comunismo in Europa: mappa dei divieti, ex divieti e tolleranze

Simboli del Comunismo in Europa mappa dei divieti, ex divieti e tolleranze

L’immagine sopra rappresenta una mappa dell’Europa che suddivide i paesi in tre categorie, in base al trattamento giuridico riservato ai simboli comunisti, in particolare alla famigerata falce e martello: paesi che ne vietano l’uso, paesi che avevano un divieto ora revocato, e paesi dove non esiste alcuna restrizione. È una rappresentazione visivamente potente del modo in cui l’Europa continua a fare i conti con un’ideologia che ha prodotto totalitarismo, censura, povertà diffusa e milioni di vittime.

La mappa ci mostra in rosso la maggioranza del continente, dove i simboli comunisti non sono vietati, comprese grandi democrazie occidentali come Francia, Italia, Spagna e Germania. In blu troviamo paesi come Polonia, Lituania, Lettonia, Ucraina, Ungheria e Moldavia, dove tali simboli sono attualmente vietati per legge. In verde, invece, ci sono paesi come Slovacchia, Bulgaria e Croazia, dove in passato esisteva un divieto, poi abolito o decaduto.

È evidente che il confine tra il blocco occidentale e quello orientale, una volta fisico e oggi solo ideologico, continua a influenzare la memoria collettiva. I paesi dell’Est Europa, ex membri del Patto di Varsavia o direttamente sottomessi all’URSS, hanno adottato un atteggiamento molto più rigido verso i simboli che richiamano il comunismo. Una reazione comprensibile per chi ha vissuto decenni di repressione, economia pianificata fallimentare e sorveglianza statale.

L’amnesia occidentale e il doppio standard culturale

La situazione dell’Europa occidentale appare decisamente più ambigua. Nonostante le libertà individuali siano un valore fondante delle democrazie liberali, risulta quanto meno paradossale che alcuni simboli del totalitarismo comunista siano ancora perfettamente tollerati, mentre quelli del nazismo siano giustamente perseguiti penalmente ovunque. Questo doppio standard evidenzia una memoria selettiva, dove il comunismo viene spesso romanticizzato o minimizzato da una certa intellighenzia politica e culturale.

Nella stessa Italia, il Partito Comunista Italiano ha rappresentato per anni la seconda forza politica del paese, e ancora oggi la falce e martello è esibita in manifestazioni pubbliche senza alcun problema legale. In Germania, che pure ha vissuto la dolorosa esperienza della DDR, non esiste un divieto esplicito a livello federale (anche se il partito di estrema sinistra “Die Linke” viene sorvegliato dai servizi interni).
In Francia e Spagna, il comunismo gode ancora di una certa legittimità simbolica, e spesso viene associato a lotte sociali e diritti civili, ignorando però il tributo di sangue che ha causato in paesi come la Cambogia, la Cina, Cuba, la Corea del Nord e ovviamente l’URSS.

Questa amnesia culturale, tipica di una sinistra radicale che si crede moralmente superiore, è profondamente ipocrita. Un liberale coerente non può che condannare qualsiasi forma di totalitarismo, sia esso rosso o nero. Eppure, nella narrazione dominante, il comunismo viene ancora raccontato come “una buona idea applicata male”, quando in realtà è proprio il modello in sé a essere incompatibile con la libertà individuale e l’economia reale.

Dall’ideologia alla giurisprudenza: chi ha scelto il divieto

La mappa evidenzia come i paesi che oggi vietano per legge i simboli comunisti siano proprio quelli che hanno pagato sulla propria pelle l’esperienza diretta dell’URSS. Polonia, Lituania, Lettonia e Ucraina hanno approvato leggi molto severe che equiparano comunismo e nazismo, vietando l’uso pubblico di simboli, bandiere, slogan e perfino nomi di strade che facciano riferimento a quell’epoca.

La scelta legislativa, oltre ad avere un significato storico, ha anche un’importante funzione pedagogica: preservare la memoria collettiva, evitare la distorsione ideologica e impedire il ritorno di nostalgie dannose. In Ungheria, ad esempio, la legge punisce chi esibisce la stella rossa o la falce e martello, così come chi mostra simboli nazisti. In Ucraina, dopo l’invasione russa del 2014, la de-comunistizzazione è stata accelerata con il cambio di toponimi e l’abbattimento di statue sovietiche.

Mentre i paesi ex sovietici rifiutano simbolicamente il passato, in Russia – paradossalmente – la falce e martello continua a campeggiare, sia nelle celebrazioni militari che nei musei patriottici. La distorsione storica in chiave nazionalista ha trasformato il comunismo in un simbolo di orgoglio, anziché in un monito contro l’autoritarismo.

NOTA: non si può che evidenziare l’assurdità di come ancora oggi in Europa non si sia raggiunta una piena parità nel giudizio storico tra nazifascismo e comunismo. L’uno e l’altro hanno calpestato i diritti dell’individuo, soffocato la libertà, e sacrificato intere generazioni sull’altare di ideologie folli. Non è con la censura che si combattono le idee sbagliate, ma un’educazione civica onesta deve necessariamente insegnare che libertà e responsabilità non sono compatibili con nessuna forma di totalitarismo, rosso o nero che sia.