L’attacco alla troupe RAI in Slovenia: un atto di intolleranza
Il recente attacco subìto da una troupe della RAI in Slovenia riporta all’attenzione un argomento doloroso e spesso trascurato: le foibe e il loro impatto storico e culturale.
La troupe, guidata da Andrea Romoli del Tg2, stava realizzando un servizio sulle tragiche vicende delle foibe quando ha subito un’aggressione violenta nei pressi del villaggio di Popecchio, a pochi chilometri dal confine italiano. Andrea Romoli accompagnato dagli speleologi Franc Malečkar e Maurizio Tavagnutti, si è calato all’interno della caverna di Bližnji dove nel 1945 le milizie comuniste di Tito hanno trucidato centinaia di persone. un chiaro atto di intolleranza ed intimidazione verso chi vuole tenere accesa la luca sugli incresciosi fatti causati dal regime comunista slavo di Tito.
Questo episodio non solo solleva questioni sulla libertà di stampa e sull’intolleranza, ma mostra che ancora persiste in alcune aree la volontà di nascondere le malefatte titine;
e soprattutto di provare a spegnere il dibattito sul modo in cui la storia delle foibe è/è stata percepita e discussa in Italia e nei paesi confinanti. Le reazioni di condanna da parte di Unirai e la denuncia alle forze dell’ordine dimostrano la gravità dell’episodio e la necessità di una riflessione più ampia.
Le foibe, simbolo di un periodo buio nella storia italiana e jugoslava, continuano a rappresentare un tema delicato. La scoperta di resti umani nelle grotte da parte della troupe RAI testimonia la brutalità degli eccidi e la necessità di un’accurata documentazione storica.
Questo episodio di violenza contro i giornalisti non solo rappresenta un attacco alla libertà di stampa, ma evidenzia anche le tensioni ancora presenti riguardo alla narrazione e all’interpretazione degli eventi storici. La difficoltà nel gestire il ricordo delle foibe ed il suo impatto sulla società contemporanea sottolinea la complessità delle relazioni tra i due paesi ed i due popoli.
Per completezza riporto anche il post dell’Unione degli Istriani, che denuncia l’accaduto: